Gellhorn - Istituto Carlo De Martino - Graziella Martina - In viaggio con gli scrittori

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Viaggi privati di una testimone del XX secolo

IFG Online Istituto "Carlo De Martino"
per la Formazione al Giornalismo - Milano

Intervista di Maddalena Moroni

"Nonostante i tanti chilometri percorsi, non mi era mai venuto in mente di scrivere di viaggi. Finora."
Con questa frase Marha Gellhorn, scrittrice e grande reporter americana di guerra, nonché terza moglie di Ernest Hemingway, introduce i cinque racconti di In viaggio da sola e con qualcuno, scritto nel 1978 e ora pubblicato in Italia da Fbe edizioni. Diversamente dai suoi reportage sui maggiori conflitti del XX secolo, dalla guerra civile spagnola alla seconda guerra mondiale, dal conflitto sino-giapponese al Vietnam, questo libro nasce dalla memoria di quelli che la Gellhorn definisce "viaggi orribili", avventure disastrose che per lei sono però le uniche che gli altri, al ritorno, saranno interessati ad ascoltare.

Per Martina Graziella, esperta di letteratura di viaggio e curatrice del libro, questi personalissimi racconti sono un esempio di classica scrittura di viaggio: "Oggi è difficile scrivere di vere avventure; la tv e il turismo di massa, che ormai si insinua dappertutto, hanno mostrato già tutto. All'epoca di Rudyard Kipling e dei grandi scrittori di viaggio, invece, i libri vivevano di puri racconti e tanto bastava ad accendere la fantasia e l'interesse del lettore. Come fa Martha Gellhorn."

I suoi viaggi ci portano nella Cina del conflitto sino-giapponese, nei Carabi, dove la Gellhorn si reca in piena seconda guerra mondiale alla ricerca di storie sui sottomarini tedeschi per trovare invece un mondo povero ma ancora incontaminato, lontano dal paradiso turistico che sarebbe diventato di lì a poco. E, ancora, l'incontro con la vedova di un poeta polacco vittima delle purghe staliniane; la Mosca degli anni Settanta è raccontata attraverso le chiacchiere, le confidenze e le tensioni captate nel microcosmo degli amici della donna.

Il suo racconto sull'Africa, quello più vicino al classico racconto di viaggio, narra le peripezie dell'autrice al volante di una scassatissima jeep, con a fianco un imperscrutabile autista keniota con la scusa sempre pronta per non fare nulla, tanto che, dopo migliaia di chilometri e disavventure di ogni sorta, la Gellhorn sarà sollevata di poterlo rispedire a Nairobi (anche se non scoprirò mai se sa guidare o no).

"La personalità e le idee di Marha Gellhorn traspaiono da tutti i viaggi raccontati nel libro" sottolinea Graziella. "Ce l'aveva a morte con la falsità, in tutte le sue forme, senza nascondersi nel relativismo culturale o nel politically-correct che oggi sarebbe d'obbligo". Il suo sguardo sull'Africa all'epoca del passaggio da colonialismo a indipendenza non fa sconti, per il pessimismo - ai nostri occhi forse troppo duro - verso la possibilità che i nuovi governanti africani possano migliorare le condizioni di vita della gente.

Del viaggio del 1941 nella Cina di Chiang Kai-shek Martha Gellhorn ci offre un racconto particolare, perché oltre a lei, innominato, c'è Ernest Hemingway, cui fu sposata dal 1940 al 1945. La Gellhorn lo chiama "the unwilling companion", il compagno recalcitrante. In quell'occasione era lei, infatti, la reporter, la scrittrice, impegnata in un'inchiesta commissionata dalla rivista Collier's sul conflitto sino-giapponese. Hemingway era lì in funzione di accompagnatore (Se non l'avessi trascinato in Cina sarebbe rimasto a oziare da qualche parte, probabilmente con in mano una canna da pesca). I buffi discorsi che lo scrittore è costretto a declamare davanti ai battaglioni per compiacere gli ufficiali cinesi - che naturalmente si aspettano che sia l'uomo a conferire con loro - non fanno che sottolineare il suo ruolo di "spalla".

Dopo questo racconto, ironico e in un certo senso nostalgico, la Gellhorn non tornerà mai più a scrivere di quell'uomo di cui non avrebbe mai potuto essere la compagna umile e dimessa, che sacrifica il suo talento per far brillare il compagno. "Non so se avesse mai ammesso esplicitamente il fastidio o il timore che la sua figura potesse essere oscurata da quella di Hemingway", dice Martina Graziella, "ma questo, di fatto, è avvenuto". La sua ironica auto-definizione ("sono la scrittrice e giornalista più sottovalutata del mondo"), secondo Graziella, nasconde un fondo di verità, "perché ancora oggi Martha Gellhorn viene definita 'la terza moglie di' e non è famosa quanto meriterebbe per il coraggio e il punto di vista profondamente umano di tutte le sue opere".

Negli Stati Uniti, la sua fama come scrittrice e il suo lavoro di giornalista furono un po' oscurati per le sue condanne, fortissime, nei confronti della guerra del Vietnam, del maccartismo e della presidenza Nixon.
Alla Gellhorn, antifascista convinta che raccontò Dachau all'arrivo dei sovietici dichiarando che, dopo l'Olocausto, tutto in lei era cambiato si rimproverava un'eccessiva emotività. La si accusava di lasciarsi trascinare dai sentimenti e di non possedere il distacco necessario per scrivere in maniera oggettiva. In questo la sua opera si distanzia dallo stereotipo dl giornalismo anglosassone, quello dell'imparzialità o di ciò che più si avvicina a essa. Anche In viaggio da sola e con qualcuno, pur non proponendo - almeno negli intenti - reportage giornalistici ma racconti biografici, conferma la qualità più pregnante di Martha Gellhorn, ciò che rende il suo punto di vista così unico e per molti versi illuminante: la profonda partecipazione nel raccontare ciò che vede e ciò che pensa.
"Come reporter di guerra è sempre stata più interessata agli effetti del conflitto sulle popolazioni che agli aspetti militari", conclude Martina Graziella. "E questo non può che trasparire anche dai suoi racconti di viaggio, per esempio sulle riflessioni sulla miseria che dominava la vita quotidiana di migliaia di uomini, donne e bambini nella Cina degli anni Quaranta".
Quest'attitudine, tipica del suo giornalismo e del suo modo di essere, è ben sintetizzata dal consueto scambio di battute con Hemingway ogni volta che lo scrittore la vedeva uscire dall'hotel determinata a "vedere con i suoi occhi" la realtà della gente.
"Pronta a tastare il polso della nazione?" le chiedeva con sarcasmo. "Sì, ma sempre dal basso" era, invariabilmente, la risposta della Gellhorn.

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