Si dice che Balzac fosse molto affezionato al suo racconto del viaggio - puramente immaginario, ma questo lo si scopre solo nell'ultima pagina - da Parigi a Giava, nel quale l'autore si è messo alla prova nei diversi registri stilistici e nelle diverse forme di immaginazione.
Questa fantasticheria letteraria ci proietta in un Oriente chimerico dall'eterna primavera, con i bei paesaggi, le foreste vergini, gli indigeni dal passo vellutato, le seducenti e pericolose giavanesi dalle silhouettes tentatrici, il bengali rivestito d'oro e di smeraldi, gli animali dal comportamento umano, il profumo della vulcameria che suscita le idee più folli, l'upas dall'ombra mortale, i lussuosi palazzi tappezzati di seta, le stuoie di riso alle finestre per proteggersi dal sole infuocato… Queste immagini, rese con un tono favolistico, trasportano il lettore in orizzonti lontani.
A differenza di Balzac, io a Giava ci sono stata davvero. Qui sono nella serra dell'hotel di Giacarta dove alloggiavo con il gruppo. Ho aggiunto un paio di scimmiette e di uccelli esotici per renderla più balzachiana...

Avevo visitato la casa di Balzac a Passy prima dei restauri. Non avrei mai immaginato che un giorno il piccolo libro con la mia traduzione del Viaggio da Parigi a Giava e del Trattato degli eccitanti moderni sarebbe stato collocato nella bella biblioteca che vi è stata creata.
Il pensiero che si trova a pochi metri dallo studio dove il grande Balzac lo ha scritto mi lusinga molto.




